KINSHASA/ROMA, 6 APRILE – La sicurezza alimentare nella Repubblica Democratica del Congo (RDC), il paese africano teatro dell’agguato in cui hanno perso la vita l’Ambasciatore italiano Luca Attanasio, il Carabiniere Vittorio Iacovacci e l’autista del World Food Programme che li portava in missione, Mustapha Milambo, rimane molto critica, con il livello mai raggiunto prima di una persona su tre che soffre di fame acuta. È l’allarme lanciato oggi da due agenzie del polo alimentare romano dell’Onu, la FAO e il WFP.
Il numero di persone colpite da alti livelli di insicurezza alimentare acuta e’ di 27,3 milioni di persone, una su tre, incluse circa sette milioni di persone a livelli di emergenza di fame acuta (IPC4) secondo l’ultima analisi della Classificazione Integrata delle Fasi (Integrated Phase Classification, IPC). La RDC è, nel mondo, il paese con il maggior numero di persone che hanno urgente bisogno di assistenza alimentare.
“Per la prima volta abbiamo potuto effettuare analisi sulla grande maggioranza della popolazione, questo ci ha aiutato ad avvicinarci al quadro reale dell’impressionante entità dell’insicurezza alimentare nella RDC”, ha detto Peter Musoko, rappresentante WFP nel paese africano. “Questo paese dovrebbe riuscire a sfamare la propria popolazione e ad esportare il surplus. Non si possono avere bambini che vanno a letto a stomaco vuoto e famiglie che saltano pasti per l’intera giornata”.
Il confitto rimane la principale causa della fame, con vaste zone nelle province orientali, colpite dal conflitto, di Ituri, Nord e Sud Kivu e Tanganyika, così come la regione centrale del Kasai, scena del conflitto più recente e quella maggiormente colpita. Altri fattori che contribuiscono a questa crisi sono il crollo dell’economia e l’impatto socio-economico del Covid-19. “Bisogna concentrarsi con urgenza sul coltivare il cibo dove ce n’è più bisogno, e sul mantenimento in vita degli animali che forniscono il sostentamento delle persone. La principale stagione agricola è alle porte e non c’è tempo da perdere”, ha detto Aristide Ongone Obame, Rappresentante FAO nella RDC.
Dietro i numeri ci sono le storie di genitori privati dell’accesso alle loro terre, o costretti a fuggire per salvarsi la vita, mentre devono vedere i propri bambini ammalarsi per mancanza di cibo. Lo staff del WFP ha incontrato famiglie che sono ritornate nei loro villaggi per trovare la propria casa bruciata e i raccolti completamente saccheggiati. Alcune famiglie sono sopravvissute mangiando solo “taro”, una radice selvatica, o foglie di cassava bollite.
Le popolazioni maggiormente colpite sono soprattutto gli sfollati, i rifugiati, chi ritorna ai propri villaggi, le famiglie ospitanti e quelle colpite da disastri naturali (alluvioni, frane, incendi) e quelle con donne come capofamiglia. A questi gruppi si aggiungono anche le popolazioni più povere nei centri urbani e semi-urbani e chi vive in determinate aree con basso potere d’acquisto e basso accesso al cibo attraverso i mercati.
La FAO e il WFP chiedono interventi urgenti per potenziare il sostegno alla popolazione congolese nelle aree di crisi. La FAO lavora per aumentare l’accesso delle famiglie agli strumenti e alle sementi, fornendo bestiame di qualità che è molto importante per migliorare la nutrizione, sostenendo i processi alimentari e la conservazione degli alimenti e aiutando i piccoli agricoltori a combattere le malattie degli animali e delle piante. Quest’anno, la FAO prevede di fornire assistenza salvavita con mezzi di sussistenza a 1,1 milioni di persone nelle aree con una alti livelli di insicurezza alimentare acuta.
Nell’ambito del suo lavoro di prevenzione delle carestie, il WFP sta fornendo cibo salvavita a 8,7 milioni di persone nella RDC. Il programma dell’Onu anti-fame deve poter continuare le sue attività nella prevenzione e cura della malnutrizione, di cui soffrono 3,3 milioni di bambini congolesi. (@OnuItalia)