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OIM e UNHCR, ripartono naufragi nel Mediterraneo, priorità è salvare vite

Foto Unhcr

ROMA, 25 FEBBRAIO – Il Mediterraneo torna a sanguinare: almeno 41 persone sono considerate disperse in un naufragio e le agenzie Onu OIM e UNHCR accusano: ”Si tratta dell’ennesima prova della necessità di rafforzare sistema europeo di ricerca e soccorso e di offrire valide alternative. Salvare la vita di rifugiati e migranti alla deriva nel Mediterraneo deve tornare ad essere una priorità dell’Unione europea e della comunità internazionale”.
Il team di UNHCR, presente a Porto Empedocle in attesa dello sbarco dalla nave mercantile Vos Triton di 77 migranti e rifugiati, ha raccolto, pr sua stessa ammissione, testimonianze accurate circa il naufragio avvenuto sabato 20 febbraio nel Mediterraneo Centrale che confermano come almeno 41 persone sarebbero annegate e sono ora disperse. 120 persone si trovavano su un gommone partito dalla Libia giovedì 18 febbraio, fra le quali 6 donne, di cui una in stato di gravidanza, e 4 bambini. Dopo circa 15 ore il gommone ha cominciato ad imbarcare acqua e le persone a bordo hanno provato in ogni modo a chiedere soccorso. In quelle ore, sei persone sono morte cadendo in acqua mentre altre due, avendo avvistato un’imbarcazione in lontananza hanno provato a raggiungerla a nuoto, annegando.
UNHCR scrive che dopo circa tre ore la Vos Triton si è avvicinata per effettuare un salvataggio ma nella difficile e delicata operazione moltissime persone hanno perso la vita in mare. Solo un corpo è stato recuperato. Fra i dispersi ci sarebbero, 3 bambini e 4 donne, di cui una lascia un neonato attualmente accolto a Lampedusa.
Ad oggi sarebbero già circa 160 le vittime del 2021 nel Mediterraneo centrale. Lungo tutta la rotta che porta, attraverso la Libia, al Mediterraneo centrale, sono decine di migliaia le persone vittime di inenarrabili brutalità per mano di trafficanti e miliziani.
Secondo i dati pubblicati da UNHCR, su un totale di oltre 3800 persone arrivate in Italia via mare dal 1 gennaio al 21 febbraio, 2527 sono partite dalle coste libiche.
Secondo i dati raccolti dall’OIM, nello stesso periodo sono state oltre 3.580 le persone intercettate in mare e riportate in Libia, dove – costrette a subire una condizione di detenzione arbitraria – corrono il rischio di diventare vittime di abusi, violenze e gravi violazioni di diritti umani.
OIM e UNHCR reiterano che la Libia non è da considerarsi un porto sicuro e deve essere fatto ogni sforzo affinché le persone recuperate in mare non vi vengano riportate. In linea con gli obblighi internazionali, ricordano le due agenzie,  il dovere di salvare persone alla deriva in mare deve sempre essere rispettato, indipendentemente dalla loro nazionalità e dello status giuridico.
Il fatto che rifugiati e migranti continuino nel tentativo disperato di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo Centrale è la riprova della necessità di uno sforzo internazionale immediato per offrire ad essi alternative valide. Le soluzioni ci sono, ciò che serve è un cambio di passo per rafforzare l’accesso all’istruzione e per aumentare i mezzi di sostentamento disponibili nei Paesi lungo la rotta.

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