ROMA, 18 FEBBRAIO – A circa un mese dal suo insediamento come vicedirettore generale aggiunto della FAO Maurizio Martina ha già alcune idee chiare, la prima delle quali è che il 2021 sarà un anno cruciale perché il dramma della pandemia da Covid 19 è ancora in pieno svolgimento e perchè l’Italia guiderà il G20, anche durante il Food summit dell’Onu, che si terrà in autunno.
In una recente intervista ad Avvenire l’ex parlamentare del Partito democratico che ha dismesso i panni da deputato e da ministro dell’Agricoltura, avvertiva: ”Inizieremo subito a lavorare per il G20 e per il Food Summit delle Nazioni Unite. Il 2021 è un anno cruciale, è l’anno della presidenza italiana al G20 ed è la prima volta che abbiamo questo ruolo in un consesso così importante: dobbiamo essere consapevoli che è importante riorganizzare il confronto internazionale, in particolare con gli strumenti del multilateralismo dopo la pandemia. Sempre nel 2021 avremo la Cop21 sui cambiamenti climatici e l’Onu ha in agenda il suo Food System Summit… Tutti terreni che impegneranno la Fao”.
All’insegna delle tre A – Ambiente, agricoltura alimentazione – il lavoro dell’Organizzazione dell’Onu e dello stesso Martina sarà molto impegnativo perché ai 700 milioni di persone che già soffrivano la fame i, tutto il mondo, la pandemia ne ha aggiunti altri 130: ”Numeri impressionanti – ha dichiarato ad Huffington Post – Servono decisioni, politiche, azioni. Viviamo il drammatico paradosso che sprechiamo troppo cibo e milioni di persone soffrono la fame. A questo aggiungiamo che le attuali tendenze demografiche, economiche e persino di cambiamento delle diete, determinano un quadro molto squilibrato”.
Per l’ex ministro ”ora la priorità è contribuire dalla Fao al percorso tracciato dalla presidenza italiana del G20 e insistere sul programma ambizioso lanciato dal nostro direttore generale Qu Dongyu. La questione cruciale è costruire nuove azioni per il sostegno ai sistemi agricoli e alimentari dopo la pandemia e riprendere con forza l’azione di contrasto alla povertà alimentare. I summit devono servire per un concreto salto di qualità delle azioni di tutte le istituzioni chiamate a operare con i fatti. Non possiamo davvero tardare”.
Se poi a questo scenario si agiungono questioni come la mancanza di vaccini nella maggior parte dei paesi, denunciata dall’Oms in questi giorni; i cambiamenti climatici in zone già provate da ogni sorta di calamità naturale (basti pensare all’invasione delle locuste in Africa Orientale); il contrasto tra produzione di massa e sostenibilità; la diminuzione – sempre causata dalla pandemia – dei livelli di istruzione e accessibilità al sapere dove più sarebbe necessario, il quadro è altamente preoccupante.
Esiste anche il problema del contrasto tra agricoltura su larga scala e quella appannaggio dei piccoli produttori. Per Martina ”La questione è molto complessa. Di certo bisogna lavorare di più a sostegno dell’agricoltura familiare che ovunque è il cuore pulsante di ogni esperienza agricola. Senza questi contadini non c’è futuro. Ma per aprire prospettive davvero utili bisogna rafforzare la loro posizione rispetto agli altri anelli della catena produttori-trasformatori-distributori. C’è un tema di organizzazione dei piccoli e medi produttori che devono unire meglio le loro forze. Significa anche lavorare contro le pratiche sleali, per la giusta remunerazione del lavoro, per consentire proprio a loro l’accesso ai mercati, ma anche l’utilizzo delle tecnologie e dell’innovazione che non possono essere solo per le grandi imprese”.
Quanto all’approccio del ‘primo mondo’ e in particolare dell’Europa a questi temi, Martina sostene che ”l’Europa ha lanciato una sfida di cambiamento ambiziosa attorno al suo Green Deal e alla strategia Farm to Fork.