ROMA, 13 FEBBRAIO – La dieta mediterranea non fa bene solo alla salute umana, ma anche all’ambiente e alla biodiversità. Questo è il messaggio lanciato nel corso di un evento che si è tenuto oggi presso la sede della FAO con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica su come la dieta mediterranea può aiutare a raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile.
L’evento di oggi – il terzo della serie di iniziative sui “Principi della Dieta Mediterranea per l’Agenda 2030” – è stato organizzato dal Governo italiano in collaborazione con Coldiretti (la principale organizzazione degli imprenditori agricoli italiani) e la Fondazione UniVerde.
Basata sul consumo regolare di olio d’oliva, sulla ricca varietà di alimenti vegetali (cereali, frutta, verdura, legumi) e moderate quantità di pesce e carne, la dieta mediterranea è ampiamente riconosciuta per i suoi molteplici benefici per la salute e per il suo basso impatto ambientale.
Tuttavia, ha osservato Maria Helena Semedo, Vicedirettore Generale della FAO per il clima e le risorse naturali, “questa alimentazione tradizionale cede sempre più il passo al cambiamento delle abitudini e degli stili di vita – da pasti diversificati ed equilibrati a pasti più monotoni ad alto contenuto di grassi, zucchero e sale”.
Le conseguenze, ha segnalato Semedo, sono negative sia sulla salute umana – con un radicale aumento dell’obesità, del sovrappeso e delle malattie non trasmissibili – sia sull’ambiente, con il degrado delle risorse naturali, compresa la perdita di biodiversità per l’alimentazione e l’agricoltura.
Per contrastare questa tendenza negativa, è necessario preservare e promuovere la dieta mediterranea e le altre diete tradizionali, mentre va ulteriormente studiato e approfondito il loro contributo alla conservazione della biodiversità, all’emancipazione femminile, al divario tra zone rurali e urbane, alle le perdite e agli sprechi alimentari e alla gestione dei rifiuti.
In questo senso la FAO può svolgere un ruolo fondamentale, ha sottolineato Semedo, per esempio supportando le lezioni apprese dai siti dei Sistemi del Patrimonio Agricolo di rilevanza mondiale (GIAHS), l’iniziativa della FAO che riconosce paesaggi di straordinaria bellezza in cui convivono biodiversità agricola, ecosistemi resilienti e un ricchissimo patrimonio culturale. L’anno scorso, per esempio, sono stati aggiunti al registro due siti italiani: le Terre del Soave e la Fascia olivata Assisi-Spoleto.
Collegandosi con governi, agricoltori e consumatori, la FAO può sensibilizzare l’opinione pubblica sulla conservazione e l’uso sostenibile delle coltivazioni sottoutilizzate e trascurate, sostenendo al contempo l’integrazione della biodiversità in tutti i settori economici e agricoli.
Semedo ha invitato i partner a collaborare a stretto contatto e a cogliere le diverse opportunità che si presenteranno nel 2020, come il 75° anniversario della FAO, la Decade ONU di Azione sulla Nutrizione e il decimo anniversario della dichiarazione della Dieta Mediterranea come Patrimonio Culturale Immateriale dall’UNESCO. (@OnuItalia)