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Intervista a Simone Mostratisi e Giulia Parenti, i nuovi Youth Delegates Italiani

Simone Mostratisi e Giulia Parenti sono i nuovi Youth Delegates Italiani. Atterrati a New York il 26 Settembre iniziano oggi la loro prima settimana di lavoro. 

Giulia Parenti, romana, viene dall’Università di Bologna, campus di Forli’, dove frequenta il secondo anno della Laurea Magistrale in Scienze Internazionali e Diplomatiche. Simone Mostratisi, torinese, studia Scienze Internazionali presso l’ateneo di quella città.

Come siete venuti a conoscenza del programma e cosa vi ha spinto a fare domanda?

Simone: Essendo sempre stato socio del Movimento Studentesco per le Organizzazioni Internazionale (MSOI), ho avuto modo di conoscere del Youth Delegate Programme Italy già al suo inizio nel 2017. Mi sono avvicinato di più al programma nel 2018 perché Pietro Fochi è un mio grande amico.  Quando quest’anno sono uscite le call ho deciso di provarci, pur avendo solo 22 anni (ad oggi sono il più giovane Youth Delegate Italiano). Ho pensato che avrei potuto portare un’ottica diversa rispetto a quella dei miei precessori. Ero poi curioso di scoprire come funzionano queste Nazioni Unite.

Giulia: Ho scoperto del Youth Delegate Programme tramite il profilo Twitter della Società Italiana Organizzazione Internazionale (SIOI). Ricordo di aver visto il bando durante la settimana in cui l’Executive Board del World Food Program (WFD) si riuniva a Roma. Al tempo facevo un tirocinio presso la Delegazione dell’Unione Europea alle Nazioni Unite e avevo quindi l’opportunità di partecipare ai meeting dell’Executive Board. Era una settimana caotica. In uno dei pochi momenti di tranquillità ho compilato la mia domanda al Youth Delegate Programme pensando ‘perché no?’.

Che agenda vi aspetta per questa vostra prima settimana? Quali sono le vostre aspettative?

Simone: Questa settimana ci aspetta un’agenda fitta. Parteciperemo a tutti i ‘side events’, sia quelli organizzati dagli altri Youth Delegates che quelli organizzati dalle diverse rappresentanze. Mercoledì sarà poi il giorno del nostro discorso alla General Assembly, che è in attesa di essere approvato dal Ministero degli Esterni e dalla Rappresentanza Italiana. Per il nostro discorso abbiamo selezionato il ‘topic’ della protezione dei beni culturali. Speriamo che la ‘topic’ sia stata ben scelta e che verrà ben accolta dai giovani Italiani.

Giulia: Ci aspettano anche le negoziazioni sulla Youth Resolution, per cui abbiamo un incontro preliminare il 2 Ottobre con i facilitatori della risoluzione: Portogallo, Senegal e Moldovia. La nostra ambizione è quella di riuscire ad includere la nostra ‘topic’ -la protezione dei beni culturali- nella versione finale della Youth Resolution.

Parlatemi della vostra ‘topic’: la protezione dei beni culturali. Cosa vi ha spinti a fare questa scelta?

Giulia: Il nostro ‘topic’ è il ruolo dei giovani nella tutela e promozione del patrimonio culturale. Da un punto di vista internazionale, abbiamo fatto questa scelta perché se noi giovani lavoriamo per le tutela del patrimonio culturale dei nostri rispettivi paesi ed impariamo a spiegare ai giovani di altri paesi perché questo nostro patrimonio culturale ha valore riusciremo ad abbattere i pregiudizi, così da rendere più semplice la via per il dialogo e la risoluzione. Crediamo che molti dei conflitti internazionali nascano dal pregiudizio. Crediamo anche che i pregiudizi iniziano ad implementarsi e fortificarsi nella gioventù. Proprio per questo la tutela e promozione del patrimonio culturale deve stare ai giovani.

Da un punto di vista nazionale, un piano di rilancio basato sulla protezione dei beni culturali presenterebbe un’incredibile potenziale per l’occupazione giovanile. Per lo più, l’Italia -storicamente parlando- ha sempre prestato molta attenzione alla protezione dei beni culturali nei conflitti, facendo passare una prima risoluzione a riguardo nel Consiglio di Sicurezza ed essendo il primo Paese a creare un corpo di polizia dedicato interamente ai crimini legati a beni culturali. Tutto questo con l’idea che preservare i beni culturali è importante per i processi di pace.

Voi siete qui a New York per rappresentare i giovani Italiani. Cosa avete fatto per raccogliere le opinioni della gioventù Italiana sui temi più rilevanti per il vostro mandato?

Simone: Gli altri paesi che partecipano al Youth Delegate Programme organizzano le così chiamate ‘consultazioni’, durante le quali i due Youth Delegates viaggiano all’interno del paese per raccogliere i pensieri e le richieste dei giovani. In Italia le ‘consultazioni’ non accadono perché il programma è ancora giovane. Questo ci ha lasciato molto spazio nella scelta del ‘topic’, che abbiamo però selezionato tenendo in alta considerazione la posizione del nostro paese e dei nostri giovani.

Giulia: Anche se non abbiamo avuto l’opportunità di fare le ‘consultazioni’, siamo tutti e due molto attivi nelle associazioni studentesche, alle quali ci siamo frequentemente rivolti. Io stessa ho fondato un’associazione non-profit per i laureati del BA Global Governance di Roma: la Global Governance BA Alumni Association. Tramite quest’associazione ho avuto modo di consultare gli alumni del mio corso ed i nuovi arrivati. La ‘topic’ è stata quindi sì una nostra decisione, ma una decisione fondata. Detto questo, la nostra speranza è quella di riuscire, nel corso del nostro mondato, ad implementare la piattaforma di ‘consultazioni’ anche in Italia.

Come Youth Delegates, che responsabilità e compiti vi sono assegnati? Credete che il vostro mandato via dia abbastanza spazio per parlare, essere concretamente ascoltati ed avere un impatto?

Simone: La nostra responsabilità è quella di rappresentare l’Italia, che è un grandissimo onore ma anche un compito da svolgere con cautela. La nostra responsabilità è anche quella di rappresentare i giovani, un compito molto difficile vista l’eterogenetà dello Youth. Non tutti i giovani hanno gli stessi bisogni, le stesse priorità e le stesse richieste.

Giulia: Il nostro mandato è certamente un grande onore e ci offre delle incredibili opportunità. Detto questo, i nostri colleghi hanno avuto modo di incontrare il loro Primo Ministro e Ministro degli Esteri, mentre per i Youth Delegates Italiani un incontro di questo tipo non è mai avvenuto. Noi vorremmo un incontro per portare ai leader del nostro paese la voce dei giovani e per far crescere il programma, che è ancora poco conosciuto e seguito dai media.

Visto che la nostra responsabilità è quella di rappresentare i giovani, Simone ed io abbiamo in programma di organizzare delle sessioni Q&A per rispondere alle domande dei nostri coetanei. Non vogliamo che si crei la stessa distanza e diffidenza che solitamente si crea tra i giovani e le istituzioni politiche.

Simone: Noi vogliamo essere il tramite.

Secondo voi, la gioventù Italiana è abbastanza informata ed interessata al lavoro dell’ONU o vi è una mancanza di coinvolgimento?

Simone: Oggi, con la presenza di internet e dei media, non arrivare alle informazioni è molto difficile. Alla gioventù Italiana non manca l’informazione, manca l’interesse, la curiosità. Anche per questo vogliamo migliorare la comunicazione del programma sui social, perché è fondamentale che la gioventù Italiana capisca che è parte integrale del grande e complesso meccanismo dell’ONU. Se si impara a conoscere questo meccanismo come un qualcosa di vicino e concreto si accende lo stimolo, la curiosità, e da qui segue l’informazione.

Per promuovere l’interesse e l’informazione vorremmo concentrarci sui licei, dove è importante che inizi a crearsi una conoscenza del multilaterale e dell’agenda delle Nazioni Unite perché è al liceo che i ragazzi/e incominciano a formare il loro pensiero. 

Giulia: Avendo studiato Global Governance, i miei coetanei conoscono ovviamente i funzionamenti ed il mandato dell’ONU. Ma questo è, in un certo senso, un bias del nostro corso di studi. Immagino che anche un’ingegnere sappia cosa è l’ONU, ma dubito che sappia perché è stato formato, che conosca le sue funzioni, i suoi meccanismi ed il suo mandato. La nostra sfida è quella di attirare l’attenzione della gioventù in tutte le discipline, sia quelle sociali che scientifiche.

Tornando alle parole di Simone, siamo ormai tutti parte del meccanismo perché i problemi di oggi, come il cambiamento climatico, non si posso più risolvere da soli. Siamo parte del sistema perché siamo parte della soluzione, non esiste una soluzione che non includa tutti e soprattutto che non includa le giovani generazioni.

Quali sono le vostre aspirazioni professionali?

Simone: Ancora non lo so, ma credo che quest’esperienza mi aiuterà molto nella mia decisione.

Giulia: Ovviamente non farò l’ingegnere, ma per il resto è ancora da vedere. Per adesso le priorità sono innanzitutto il discorso di mercoledì e poi la tesi.

 

 

 

 

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