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UNAIDS: rapporto HIV/AIDS, troppo lenta la riduzione della mortalità

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ESHOWE, 18 LUGLIO – Nel 2018 770.000 persone sono morte nel mondo a causa dell’HIV: è il preoccupante dato che emerge dal Global Aids Update 2019, presentato a Eshowe in Sudafrica dall’UNAIDS, il Programma delle Nazioni Unite per l’HIV/AIDS, secondo il quale l’utilizzo tempestivo di efficaci strumenti diagnostici e farmaci per la cura dell’HIV/AIDS potrebbe prevenire la maggior parte di queste morti; ma dal 2014 il numero annuale dei decessi è diminuito solo in minima parte.
Anche se 2 milioni di persone in più hanno iniziato una terapia antiretrovirale (ART), tutte le parti coinvolte devono fare di più per affrontare le infezioni mortali che causano i decessi legati all’AIDS, a partire dalla tubercolosi e dalla meningite criptococcica.

Secondo il dottor Gilles Van Cutsem Coordinatore di MSF per l’HIV/AIDS, negli ospedali supportati da Medici senza Frontiere in Repubblica Democratica del Congo, Guinea, Malawi e altri paesi, molte morti si verificano nelle prime 48 ore successive al ricovero. I pazienti arrivano molto malati, spesso con ‘infezioni opportunistiche’ gravi come la tubercolosi, la meningite criptococcica o il sarcoma di Kaposi.
Le cause dei decessi sono dovute principalmente al ritardo nella diagnosi, all’interruzione del trattamento, a fallimenti virologici e immunologici nei pazienti in terapia.

L’OMS stima che più del 30% delle persone che iniziano il trattamento per l’HIV nel mondo ha una patologia avanzata con un grave indebolimento immunitario, condizione che rende questi pazienti particolarmente vulnerabili ad infezioni opportunistiche e più esposti al rischio di perdere la vita. Un terzo delle morti legate all’AIDS nel mondo sono causate dalla tubercolosi, mentre la meningite criptococcica colpisce ogni anno centinaia di migliaia di persone affette dal virus dell’HIV e causa dal 15% al 20% del numero totale di morti legate al virus. Nonostante siano curabili, anche altre infezioni opportunistiche gravi contribuiscono alle morti legate all’AIDS, come la polmonite da Pneumocystis, la polmonite batterica, sepsi, e altre

Nel 2016, gli stati membri dell’ONU hanno concordato l’obiettivo di ridurre le morti per AIDS del 50% entro il 2020, portandole a meno di 500.000 all’anno. A sei mesi dal termine, siamo molto lontani dall’obiettivo fissato. Il numero di morti per AIDS nel 2018 (770.000) si è ridotto di poco rispetto agli anni precedenti (800.000 nel 2017 e 840.000 nel 2016). Il tasso di riduzione della mortalità è stagnante.
Gli stati membri dell’ONU hanno anche concordato obiettivi di trattamento 90-90-90, ovvero che il 90% delle persone affette da HIV sia a conoscenza del proprio stato, che il 90% delle persone diagnosticate riceva il trattamento antiretrovirale e che nel 90% delle persone sotto trattamento si ottenga la soppressione della carica virale. Qualche settimana fa, MSF e il Ministero della Salute sudafricano hanno dimostrato che è possibile raggiungere questi obiettivi con interventi a livello comunitario e il coinvolgimento dei centri di salute primaria nella comunità di Eshowe, nella provincia di KwaZulu Natal, nel cuore dell’epicentro delle epidemie di HIV, tubercolosi e tubercolosi resistente ai farmaci in Sudafrica, dove una persona su 4 vive con l’HIV.

Nonostante i risultati incoraggianti, l’intervento a Eshowe resta un’eccezione e pochi altri distretti, province o paesi saranno in grado di raggiungere gli obiettivi 90-90-90 entro il 2020. In molti paesi, infatti, la copertura del trattamento antiretrovirale resta troppo bassa per influire sulla mortalità e morbilità. In particolare, i paesi dell’Africa occidentale e centrale che avrebbero bisogno di accelerare gli interventi, stanno subendo un taglio nei fondi internazionali, inclusi quelli per l’espansione della terapia antiretrovirale.

I governi, i ministeri della salute, le organizzazioni internazionali e i donatori devono aumentare gli sforzi e focalizzarsi sulla riduzione della mortalità tra le persone affette da HIV, con un’attenzione particolare verso la prevenzione, l’individuazione del virus e la terapia per patologie avanzate legate all’HIV e AIDS.

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